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I farmaci in Psichiatria

L’uso degli psicofarmaci in psichiatria costituisce un pilastro delle cure del paziente sofferente. Utilizzare la parola “psicofarmaci” anzichè semplicemente “farmaci” non aiuta a ridurre lo stigma che la malattia psichica si porta dietro e può spaventare molti pazienti. E’ anche noto tuttavia che molte persone cercano maggiori informazioni a riguardo, proprio digitando la parola “psicofarmaci”. Ecco dunque una breve guida descrittiva che ha lo scopo di spiegare caratteristiche e affrontare alcune paure circa la loro prescrizione e utilizzo.

farmaci usati in psichiatria - l'uso degli psicofarmaci

Ansiolitici

Quando si parla dell’uso degli psicofarmaci ansiolitici si parla essenzialmente delle benzodiazepine. Questi farmaci utilissimi e maneggevoli rispetto ai desueti e pericolosi barbiturci vengono prescritti ampiamente sia nella pratica della medicina generale sia nella pratica clinica di molte specialità mediche. Svolgono importanti azioni di rilassamento sia psichico sia in parte miologico (cioè sui muscoli). L’uso giornaliero di benzodiazepine deve risolversi in un periodo di trattamento non superiore ad alcune settimane, a meno della valutazione specialistica dello psichiatra.

Nonostante molti siano spaventati dalla possibilità di diventare “dipendenti”, come gli altri farmaci psichiatrici, le benzodiazepine non creano dipendenza se usate in maniera corretta. Il fenomeno farmacocinetico della tolleranza, che occorre nel tempo e che esita nell’abitudine del soggetto al quel dosaggio e nella necessità di aumentare la dose per ottenere lo stesso effetto sedativo, deve essere valutato con cura, ma anche con serenità, senza generare situazioni di negligenza (ovvero di mancata cura). Linee guida scientifiche e indicazioni del medico sono imprescindibili.

Il medico nell’uso degli psicofarmaci deve valutare con attenzione alcuni aspetti: escludere disturbi di personalità dipendenti, pregressi abusi di farmaci o stupefacenti, situazioni contingenti di difficoltà che possano determinare un uso incongruo di benzodiazepine (rischio di intossicazioni o tentativi di suicidio).

Tuttavia bisogna anche tenere presente che la cosiddetta “ansia” intensa o meglio di angoscia e situazioni esistenziali di disperazione sono eventi psicopatologici di grande rilievo, che hanno carattere di urgenza e che necessitano di cure pronte ed efficaci: infatti il rischio di atti auto o eteroaggressivi o di suicidialità possono essere anche molto elevati. Risultano quindi indispensabili una raccolta anamnestica accurata, una pronta diagnosi e l’utilizzo del trattamento farmacologico adeguato, che sappia mettere sul piatto della bilancia i benefici e ed i rischi. Ovviamente quella delle benzodiazepine non è l’unica classe di farmaci usata per ottenere sedazione.

Le indicazioni all’uso delle benzodiazepine sono vari: ansia, disturbo di panico, agitazione psicomotoria, disturbo d’ansia generalizzato, fobia sociale, insonnia, epilessia e convulsioni, discinesie, anestesia, delirium tremens, astinenza alcolica.

Un effetto collaterale frequente nell’uso degli psicofarmaci è la maggiore sonnolenza diurna, per cui è necessario fare attenzione in alcune attività quotidiane come ad esempio guidare autovetture. Altro effetto collaterale da tenere in considerazione è la depressione respiratoria, l’astinenza, l’acatisia, gli effetti paradossi.

A seconda del tempo di emivita e della formazione di metoaboliti attivi si dividono in benzodiazepine a breve (es. midazolam, triazolam, zolpidem), intermedia (es. lorazepam, alprazolam, temazepam), lunga (diazepam, clonazepam, bromazepam, flurazepam) durata d’azione.

Tra le molecole “naturali”: camomilla, valeriana, passiflora, biancospino. Ultimamente di gran moda l’ashwagandha, bisogna tenere presente anche i suoi potenziali effetti collaterali.

psicofarmaci ipnotici ipnoinducenti - farmaci usati in psichiatria - l'uso degli psicofarmaci

Ipnotici e ipnoinducenti

Chiamati popolarmente sonniferi, sono quei farmaci utilizzati per dormire. L’insonnia è un disturbo del sonno che si presenta molto di frequente come sintomo di una patologia psichiatrica, perciò il suo trattamento arriva spesso all’osservazione dello psichiatra e viene integrato a seconda della diagnosi psichiatrica e dal quadro clinico generale.

Si possono classificare le insonnie a seconda della parte della notte interessata. La difficoltà nel prendere sonno richiede un farmaco ipnoinducente; se però si aggiungesse anche la difficoltà nel mantenere il sonno una volta addormentati, la valutazione del trattamento farmacologico cambia; questo tipo di insonnia si chiama insonnia iniziale, perchè riguarda la prima parte della fase di sonno. Può accadere invece che non vi siano probelmi nell’addormentamento e nemmeno nel mantenimento del sonno nel suo primo perido, ma che intervenga un risveglio successivo nel pieno della notte, con o senza successivo ri-addormentamento: è l’insonnia intermedia. Se invece l’insonnia riguarda la fase terminale della notte, ovvero il mattino sia caratterizzato da un risveglio precoce, si parla di insonnia terminale.

Una classe di farmaci usati è quella delle benzodiazepine e benzodiazepine-derivati che si distinguono tra loro per caratteristiche molecolari, durata di azione, tempo di latenza per ottenere l’effetto, dosaggio e posologia. L’obiettivo della terapia dell’insonnia non è solo dormire un numero di ore sufficienti, ma anche migliorare la qualità del sonno, perchè torni ad avere la sua fondamentale azione di ristoro.

Bisogna sempre ricordare che nell’uso degli psicofarmaci è fondamentale inquadrare il disturbo del sonno nel corretto quadro diagnostico psicopatologico. Infatti l’insonnia può nascondere diagnosi più importanti di un semplice periodo di stress. Un’altra categoria di farmaci usati nelle insonnie sono gli analoghi delle benzodiazepine, zolpidem e zapiclone. Hanno la sconvenienza di dare spesso amnesia retrograda, ovvero, spesso il mattino seguente non si ha memoria dei minuti antecedenti l’assunzione.

Sono usati con successo anche derivati sintetici di composti naturali quali valeriana e passiflora, biancospino, teanina, per i disturbi più lievi.

Anche la melatonina è usata con successo per il ripristino del corretto ciclo sonno-veglia, soprattutto nei disturbi del jet lag e in alcune condizioni particolari, come l’autismo.

psicofarmaci antidepressivi - farmaci usati in psichiatria - l'uso degli psicofarmaci

Antidepressivi

Sotto questa denominazione sono raggruppati farmaci eterogenei. Si riconoscono antidepressivi di prima e seconda generazione, meglio conosciuti come triciclici (ATC, ovvero amitriptilina, clomipramina, nortriptilina) ed eterociclici (buproprione, trazodone, venlafaxina, mirtazapina) cui seguono gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI, ovvero fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina, sertralina, citalopram, escitalopram), ma ce ne sono ancora altri (iMAO, SNRI, nuovi prodotto farmaceutici), la cui struttura chimica è ancora diversa.

Bisogna ricordare che a dispetto della denominazione “antidepressivi”, le indicazioni all’uso degli psicofarmaci antidepressivi sono molteplici: sono impiegati per la cura di ansia, panico, enuresi, fobie, disturbi ossessivo-compulsivi, disturbi del comportamento alimentare comebulimia nervosa e binge eating disorder, dolore neuropatico, disfunzioni sessuali, insonnia. Perciò, l’utilizzo di questi farmaci – come si può immaginare – è piuttosto comune.

Gli SSRI sono molto maneggevoli perchè presentano pochi e meno gravi effetti collaterali rispetto ad altre classi di antidepressivi, soprattutto rispetto ai triciclici e agli iMAO; i loro più comuni effetti collaterali sono nausea, agitazione o sedazione, solitamente passeggeri e minimizzabili iniziando con dosi basse da aumentare gradatamente, così pure associando benzodiazepine nelle prime settimane di trattamento. Bisogna tenere conto anche del fatto che gli effetti desiderati del trattamento si ottengono solo dopo le prime due o tre settimane di assunzione costante; infatti tale è il tempo per il raggiungimento nel sangue della concentrazione plasmatica efficace. E’ questo il motivo per il quale, soprattutto nella depressione, vengono spesso associati ad altri farmaci come antipsicotici o stabilizzanti l’umore, che possono agire rapidamente su alcuni dei sintomi più importanti della depressione.

L’effetto collaterale più temibile, ma anche più raro, è la sindrome serotoninergica, caratterizzata da tremori, agitazione, malessere generalizzato, mioclono, iperriflessia, febbre, con diversi gradi di intensità, ma che nelle sue forme più gravi può essere davvero molto rischiosa. E’ un prevedibile effetto collaterale dovuto all’aumento del tono serotoninergico che alcuni farmaci (non solo antidepressivi) possono indurre; pertanto è prudente e buona pratica medica iniziare con basse dosi così come sospendere lentamente il farmaco.

Esistono anche alcuni composti naturali con proprietà antidepressive comprovate, come per esempio l’iperico, detto anche Erba di san Giovanni, di cui si deve utilizzare l’estratto secco standardizzato. Come tutti i farmaci “naturali” presenta un effetto desiderato ma anche interazioni ed effetti indesiderati anche gravi proprio come gli altri composti di sintesi, perciò è necessaria sempre molta attenzione ed avere la prescrizione o supervisione di un medico.

Negli ultimi anni si è anche imposta all’evidenza l’utilizzo di zafferano, estratto dal crocus sativus, che ha mostrato avere attività di potenziamento antidepressivo se usato insieme ad antidepressivi. Anche l’S-adenosin l-metionina, noto con la sigla SAMe, è dotata di attività antidepressive blande comprovate.

Vi sono in commercio diverse formulazioni, che solitamente contengono più principi attivi insieme: bisogna sempre tenere presente che essi sono farmaci a tutti gli effetti, pertanto bisogna fare attenzione come nell’uso degli psicofarmaci.

Di alcuni estratti naturali vengono pubblicizzate proprietà di “potenziamento” del normale funzionamento psichico i del tono dell’umore: in realtà, molti di essi sono sostanze stimolanti ed eccitanti, perciò possono indurre stati di tensione, irrequietezza, episodi misti: per esempio taurina, guaranà, caffeina, teina.

antipsicotici - farmaci usati in psichiatria - l'uso degli psicofarmaci

Antipsicotici o neurolettici

Sono farmaci appartenenti a famiglie diverse, e generazioni da farmaci diverse. Anche in questo caso bisogna ricordare che a dispetto della denominazione, non sono prescritti solo nei casi di psicosi. Il consiglio è di seguire sempre i consigli del medico di fiducia e confrontarsi con lui per qualsiasi dubbio o necessità. Alcuni nomi “famosi” sono l’aloperidolo, il risperidone, la quetiapina, l’olanzapina, ma la gamma è molto ampia. Vi sono forti evidenze scientifiche dell’azione antipsicotica della memantina e alcune per il CBD.

psicofarmaci stabilizzanti l'umore - farmaci usati in psichiatria - l'uso degli psicofarmaci

Stabilizzanti dell’umore

Gli stabilizzanti dell’umore sono farmaci che aiutano ad equilibrare il tono dell’umore. Infatti, a differenza degli antidepressivi che aumentano il tono d’umore o degli antipsicotici che risolvono il picco maniacale ovvero l’umore troppo “elevato”, questi farmaci hanno la funzione di ripristinare un equilibrio modulando gli “up” e i “down” e ripristinando una normale fluttuazione dell’umore. Teniamo presente che il tono d’umore di ogni individuo è sottoposto a normali fluttuazioni, di frequenza e di intensità.

Alcuni farmaci stabilizzanti l’umore sono indispensabili “salvavita” per il paziente, perchè prevengono crisi gravi maniacali, depressive o miste. Non siamo abituati a pensare a queste patologie come talmente gravi da mettere in pericolo la vita del paziente, ma putroppo invece può succedere proprio così. Sono questi i casi in cui il paziente viene ricoverato in ambito ospdaliero per cure intensive immediate. Vi sono anche crisi meno intense ma pur sempre bisognose di trattamento farmacolgico, che vengono gestite ambulatorialmente, oppure con ricoveri in day hospital o ancora con ricoveri in strutture sanitarie come le case di cura, adatte a casi meno gravi ed intensi.

In ogni caso il medico prescrittore deve essere uno psichiatra e sapere come ed in che modo utilizzare tali farmaci. Nell’uso degli psicofarmaci bisogna tenere presente infatti una puntuale conoscenza della farmacocinetica e della farmacodinamica, le controindicazioni, gli effetti collaterali ed un meticoloso controllo degli effetti avversi. Lo psichiatra ha la duplice funzione sia di monitorare gli effetti farmacologici ed eventuali effetti avversi, ma soprattutto è l’unico specialista che sa porre una diagnosi psicopatologica accurata, propriamente individualizzata  e sa monitorare l’andamento della malattia nel tempo.

Le classi di farmaci cosiddetti stabilizzanti l’umore sono diverse: molti di questi appartengono vengono comunemente usati anche come antiepilettici o come modulatori del dolore. Annoveriamo tra loro lamotrigina, gabapentin, pregabalin, topiramato, carbamazepina, acido valproico. Il litio è stato il primo stabilizzante dell’umore e mantiene attualmente la migliore efficacia nei casi gravi e nella prevenzione suicidaria. Vi sono anche altri composti che vengono utilizzati al fine di stabilizzare l’umore sul lungo termine, perciò come stabilizzanti, anche se appartengono nominalmente alla classe più ampia degli antipsicotici: per esempio quetiapina, asenapina, olanzapina, clozapina.

BIBLIOGRAFIA:

  1. https://www.aifa.gov.it/
  2. https://www.iss.it/farmaci
  3. www.drug.com
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  7. Farmaci in psichiatria. V A Kaplan, B J Sadock’s. 2003, Centro Scientifico Editore.
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