Disturbi dello spettro dell’autismo: definizione e classificazione
Le caratteristiche di 11 soggetti autistici furono primariamente descritte dal neuropsichiatra infantile americano di origini austriache Leo Kanner nel 1943 e successivamente da Hans Asperger nel 1944, ipotizzando una sindrome di origine organica, come poi fu dimostrato che fosse. L’autismo è una condizione patologica classifica
ta tra i disturbi generalizzati del neurosviluppo, la cui incidenza è in continuo aumento nel mondo. La sua prevalenza mondiale è di 1/100, con prevalenza nei soggetti maschili di 4 volte maggiori rispetto ai soggetti femminili, ed è purtroppo in continuo aumento. E’ una condizione tutt’altro che rara.
L’autismo può essere considerato una sindrome comportamentale connessa ad una architettura anomala del cervello derivante da una complessa interazione tra geni ed ambiente.
Eterogeneità
Attualmente è stata riformulata la classificazione di tutte condizioni riferibili all’autismo nel concetto più ampio di “Disturbo dello spettro dell’autismo” (Diagnostic Statistic Manual of Mental Disease – V edizione, 2013), che ricomprende – avendone eliminate le “vecchie” diagnosi, l’”Autismo” propriamente detto, il “Disturbo di Asperger” e il “Disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato”.
Si ripropone, quindi, come per altre patologie, un approccio diagnostico dimensionale, ovvero non del tipo “tutto o niente” ma che contempla invece la possibilità di diversi livelli di gravità della malattia, con ampia eterogeneità.
Tuttavia, i professionisti che si occupano di autismo continuano a definire “Autismo” propriamente detto (facendo riferimento al DSM IV) la sindrome che si pone all’estremità più grave dello spettro, e così faremo anche noi per praticità.
Eziopatogenesi
Un disturbo dello spettro autistico rappresenta sempre una distorsione del normale sviluppo neuropsichico di base. Le caratteristiche della sintomatologia clinica possono essere estremamente eterogenee sia in termini di complessità che di severità e possono presentare un’espressione variabile nel tempo. L’eziopatogenesi è multifattoriale, ovvero le cause sono molteplici e a tutt’oggi i meccanismi neurofisiopatologici rimangono solo in parte conosciuti. E’ sempre presente una componente causale genetica, cui si associano altri vari fattori ambientali (età avanzata dei genitori, malattie della madre in gravidanza, ecc.). In Italia, si stima 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenti un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi: i maschi sono 4,4 volte in più rispetto alle femmine.
L’autismo propriamente detto
L’autismo propriamente detto, insorge precocemente, prima dei 3 anni di età, con deficit principali a carico della comunicazione e dell’interazione sociale in molteplici contesti e in pattern di comportamenti, interessi e attività ristretti e/o ripetitivi.
Il linguaggio verbale può essere molto compromesso o totalmente assente (alogìa), talvolta non accompagnato da tentativi di comunicazione alternativi alla parola, oppure accompagnato da tentativi di comunicazione verbale o comportamentale stereotipati e ripetitivi. Oltre al linguaggio, sono alterate anche altre funzioni psichiche di base: la percezione sensoriale, lo schema corporeo e quindi l’attività motoria, l’attenzione, il funzionamento intellettivo.
Tipicamente è un bambino che non corrisponde lo sguardo del genitore, non risponde alla chiamata del genitore, tarda a camminare e/o cammina sulle punte dei piedi, non parla o si esprime con fatica, sviluppa gesti, vocalizzi o comportamenti ripetitivi stereotipati. Ciò che appare dunque anomalo è il comportamento, così come alcune difformità anatomiche, soprattutto cranio-facciali: maggiore volume cranico/macrocefalia, fronte spianata, dentatura tipicamente aperta tra i primi incisivi.
In questo caso, è indispensabile che la diagnosi sia posta al più presto possibile dal neuropsichiatra infantile, entro i 2 anni di età, poiché solo la precocità dell’intervento specialistico comportamentale può dare la possibilità al bambino di riuscire ad esprimere, verbalmente o con i segni, talvolta i più elementari bisogni o condizioni di base: la fame, la necessità di evacuazione, il dolore. In generale quindi, la diagnosi in età infantile di disturbo dello spettro autistico è una diagnosi importante.
Sindromi meno gravi e segnali di sospetto ASD
Nella parte centrale intermedia dello spettro autistico, si pongono sindromi che nella vecchia classificazione DSM IV erano chiamate “Autismo ad alto funzionamento” (AAF) e “Sindrome di Asperger” (AS). In entrambi i casi si tratta di soggetti verbali (che si esprimono verbalmente), che presentano sintomatologie meno gravi e che quindi possono arrivare all’osservazione del clinico (lo psichiatra) più tardivamente, se non addirittura in età adulta.
Il nucleo psicopatologico principale è un deficit della “teoria della mente”, alterazione a carico dei neuroni a specchio: questo dà luogo a una incapacità di base di comprendere la dimensione mentale dell’altro, riconoscere e condividere gli stati emotivi propri ed altrui e la mancanza di attività immaginativa; ma sono presenti anche altre alterazioni come per es quelle motorie.
Benchè non ci sia un consenso omogeneo, molti autori sostengono la distinzione di queste due forme cliniche: nell’AAF persisterebbero difficoltà di immaginazione e di face processing, mentre nell’AS ci sarebbe un uso eccessivo di immaginazione e di sospettosità e ideazione paranoidei (deficit di socializzazione) e una certa correlazione con i disturbi dello spettro schizofrenico.
La classificazione della gravità di tale sindrome secondo un gradiente all’interno di uno spettro di variabilità, ci consente di fare alcune considerazioni. Per esempio, si è stimato che nella popolazione psichiatrica sia presente un disturbo dello spettro autistico nel 20% circa dei casi.
Non sono infrequenti i riscontri di “disturbo dello spettro autistico” in personaggi conosciuti dello spettacolo, delle arti e della cultura: Steve Jobs, Susanna Tamaro, Tim Burton, Greta Thunberg, Anthony Hopkins… certamente si pongono all’estremo più lieve della sindrome.
Gli insegnanti osservano soggetti con un disturbo dello spettro autistico tipicamente ad alcuni gradi-età di sviluppo:
Insegnanti del nido e materna: prima dei 3 anni: sindrome grave.
Insegnanti delle scuole d’obbligo: solitamente i bambini giungono all’età scolare con una diagnosi di autismo da parte di un neuropsichiatra infantile, mentre sindromi più lievi possono essere del tutto misconosciute.
Quali sono dunque i segnali di allerta che essi devono prendere inconsiderazione di fronte ad anomalie del comportamento di un alunno? Le troviamo nella tabella 1.
Tabella 1 – Segnali di allerta di possibile Disturbo dello spettro autistico in adolescenza (Scottish Guidelines) |
Le difficoltà che durano da tempo nel comportamento, nella comunicazione sociale e nell’adattarsi ai cambiamenti sono più evidenti nelle fasi di passaggio (es. cambio di scuola)
Netta discrepanza tra capacità scolastica e capacità sociale soprattutto evidente nelle situazioni non strutturate (es. intervallo) Socialmente ingenuo, manca di buon senso comune, non è indipendente come i compagni E’ eccessivamente tranquillo, isolato, molto serio Ha difficoltà a mantenere amicizie con i coetanei, se ha amici esce in rapporto uno-uno Parla con gli altri con monologhi monotematici Non comprende l’umorismo o le metafore Non è consapevole delle regole di gruppo non scritte Manca ala consapevolezza del limite dello spazio personale o non tollera intrusioni nel proprio spazio E’ oggetto di bullismo |
Grazie alla maggiore attenzione posta dall’intero sistema sanitario e scolastico ai DSA, oggi esistono reti di collaborazione tra NPI e scuola, per una corretta presa in carico del piccolo paziente in un’epoca cruciale per il suo neurosviluppo. I fondi economici sanitari per i progetti terapeutici per gli ASD sono tuttavia ancora oggi gravemente deficitari.
Ma infine quale terapia e quali trattamenti per i Disturbi dello spettro autistico?
I trattamenti dell’ASD variano a seconda della gravità della sindrome. Ogni programma terapeutico deve essere tarato sul livello di sviluppo e neurosviluppo. I bambini con diagnosi di ASD con un significativo ritardo dello sviluppo, hanno un funzionamento più basso di quello previsto per la loro età, pertanto, il loro curriculum (ovvero ciò che viene loro insegnato) deve essere adattato al loro grado di sviluppo. I metodi di insegnamento di tale curriculum possono essere metodi terapeutici globalizzati (CTM) o interventi focalizzati (FI). Trattamenti non specifici per specifici sintomi, ma considerati utili per l’autismo in generale sono risultati inefficaci (trattamenti non basati sull’evidenza).
E’ degno di nota che i trattamenti che non utilizzano metodi comportamentali o correlati allo sviluppo per correggere o modificare comportamenti maladattivi o favorire gli obiettivi di sviluppo non hanno ottenuto risultati positivi empiricamente dimostrabili.
Il trattamento elettivo per i ASD è quindi basato sull’analisi comportamentale (trattamento ABA-FI).
I trattamenti più studiati per l’ASD sono quelli nei bambini di età inferiore ai 5 anni; per essi la letteratura concorda sul fatto che il trattamento debba essere intensivo, con circa 20-25 ore/settimana, con coinvolgimento dei genitori.
Studi sugli esiti di trattamenti oltre questa età si concentrano soprattutto sulle capacità sociali e di comunicazione e gli esiti più positivi si concentrano su soggetti affetti da forme più lievi di autismo (autismo a funzionamento più elevato) e con un QI superiore a 70.
Terapia farmacologica
La terapia farmacologica nell’autismo va considerata in seconda battuta, laddove vi sia un comportamento incompatibile con l’istruzione e non sia stato possibile estinguerlo o ridurlo attraverso la terapia comportamentale e si cerca di non intervenire al di sotto dei 5-7 anni di età.
Il trattamento farmacologico è di solito finalizzato alla risoluzione di comportamenti problematici, aggressività, capricci, autolesionismo, alla gestione dell’iperattività-disattenzione, alle stereotipie. La valutazione delle comorbidità psichiatriche è pure indispensabile.
Un numero esiguo di farmaci è approvato per i ASD, mentre la maggior parte sono off-label e basati sull’esperienza del singolo clinico. Quest’ultimo deve tenere conto che i soggetti ASD presentano spesso una responsività ai farmaci diversa da quella attesa. Le benzodiazepine ad esempio producono molto spesso un effetto paradosso, per la persistenza di subunità GABA-A che producono canali a conduttanza cationica anzichè anionica simili a quelli presenti in epoca prenatale, ossia eccitatori anziché inibitori.
In maniera sintetica di seguito sono riportati i dati maggiormente evidenti della terapia farmacologica (tabella 3).
Tabella 3. Farmaci utilizzati nei ASD. | ||
Problema | Farmaci | |
Aggressività e comportamento autolesivo (i sistemi dopaminergici, noradrenergici, serotoninergici e oppiacei endogeni sono coinvolti nei comportamenti di aggressività).
|
Antipsicotici atipici (risperidone e olanzapina, aripiprazolo> approvazione FDA per irritabilità nell’autismo 6-17 anni) e tipici (aloperidolo) | |
Iperattività e disattenzione (ADHD) | Metifenidato, atomoxetina, guenfalcina | |
Comportamento stereotipato | Fluvoxamina, fluoxetina, citalopram; associazione antipsicotico+stabilizzatore dell’umore | |
Deficit sociale | Il trattamento farmacologico di altri comportamenti target ha dimostrato anche una riduzione del “deficit sociale” riportando un minor evitamento attivo e minore aggressività. | |
Epilessia (prevalenza 30%). Soprattutto s. di Lennaux-Gastaut, di West, di Landau-Kleffner, punte-onda continui durante il sonno ad onde lente. | Determinazione della sindrome epilettica e adeguata terapia antiepilettica. | |
Insonnia (sono dimostrate alterazioni del ritmo circadiano, bassi livelli di melatonina e/o derivati, correlazione tra livelli di melatonina e comportamenti autistici, anomalie genetiche che possono contribuire al deficit di produzione di melatonina o che possono alterare la funzionalità dei recettori in una piccola percentuale di pazienti con a.)
|
Melatonina 3 mg | |
Psicoterapia per ASD lievi (AAF e SA)
Le persone con Asperger (AS) vengono spesso descritte come “strane”, “bizzarre”. Il loro funzionamento sociale e comunicativo, sebbene migliore che nei soggetti con autismo ad alto funzionamento (AFF) è deficitario. Queste persone possono avere amici e interfacciarsi bene con gli adulti, ma mancano di molti segnali sociali e significanti non verbali essenziali per avere delle relazioni reciproche: una psicoterapia può avere l’obiettivo di migliorare la comprensione e promuovere l’acquisizione di tali competenze. Bisogna ricordare che molti di questi pazienti funzionano comunque bene da adulti, vivendo e lavorando in autonomia.
Problemi aperti
Il problemi fondamentali legati all’autismo rimangono molti, su molteplici fronti.
Solo negli ultimi anni l’attenzione verso gli ASD ha portato ad una maggiore formazione di tutti gli operatori coinvolti. C’è stato un sensibile miglioramento della comunicazione tra Istituzioni, che ha portato ad un maggiore precocità e precisione delle diagnosi. Tuttavia ad oggi non esistono protocolli per il trattamento erogati dal sistema sanitario nazionale, e le famiglie che vogliano accedere ai trattamenti comportamentali ABA devono farlo a proprie spese. Un altro problema italiano è legato all’inquadramento dei professionisti tecnici ABA nelle professioni sanitarie: essi non risultano come professionisti sanitari, pur avendo riconoscimento internazionale sia nella loro efficacia pressochè esclusiva nel trattamento degli ASD sia nel ruolo sanitario in molti Stati. Questo comporta, in Italia, che le spese affrontate dalle famiglie per codesti trattamenti, non sono neppure detraibili. I tecnici abilitati ABA sono pochi e spesso le famiglie vengono indirizzate a semplici associazioni per ASD che per quanto utili a scopo ludico-ricreativo e di auto-mutuo-aiuto, non somministrano terapie comportamentali evidence-based.
Il SSN non è adeguato, ma si sta attrezando, a supportare questi pazienti in tutte le loro molteplici e complicate necessità, e non esistono strutture residenziali specifiche per pazienti ASD, i quali rischiano di vanificare gli sforzi affrontati per l’acquisizione delle loro abilità, talvolta elementari e salvavita.
Anche il sistema scolastico, per quanto abbia incrementato l’attenzione verso questa patologia, risulta ancora fortemente deficitario nell’erogazione di sostegni scolastici adeguati; la formazione degli insegnanti di sostegno si avvale della consulenza di tecnici ABA solo su iniziativa volontaria dei dirigenti scolastici e purtroppo in molti casi la sensibilità mostrata verso la salute dello scolaro non è supportata da strategie di intervento scolastico coordinate/consigliate dal professionista comportamentale.
L’autismo rimane dunque, considerando la prevalenza della patologia, la sua gravità, la sua cronicità, l’assenza di adeguato sostegno socio-sanitario e scolastico, una vera e propria piaga per tante famiglie. Per il futuro, sarebbero auspicabili stanziamenti di ampie risorse in favore di questi piccoli e grandi pazienti e delle loro famiglie.
BIBLIOGRAFIA
- Psichiatria Psicodinamica. G O Gabbard. Raffaello Cortina, 2015;
- Trattamento dei disturbi psichiatrici. Basata sul DSM V. G O Gabbard. Raffaello Cortina, 2016;
- Manuale di Psichiatria. A Siracusano. Il Pensiero Scientifico Editore. 2007.
- Manuale Diagnostico Psicodinamico 2. V Lingiardi, N M Williams. Raffaello Cortina editore. 2017
- Lezioni magistrali Università di Torino. Prof. R Keller. 2008.
- Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti. Linea Guida Nazionali 21, Ministero della Salute, ISS. http://www.snlg-iss.it/cms/files/LG_autismo_def.pdf
- pharmautisme.it